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Separazioni e Divorzi

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Studio Legale Compagnone Donato

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Avvocato Andrea Compagnone

L’Avv. Andrea Compagnone esercita la propria attività professionale da oltre un decennio nel settore della responsabilità civile e del risarcimento dei danni, anche in pratiche di malasanità. Nel corso della carriera professionale ha approfondito le sue conoscenze nel settore del diritto societario attraverso la partecipazione a due master e seminari di specializzazione necessari alla consulenza stragiudiziale e giudiziale alle aziende.

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Avvocato Gianluca Luigi Donato

L’Avv. Gianluca Luigi Donato esercita principalmente nel settore del diritto successorio, bancario e del lavoro. Nel 2005 frequenta il Master di specializzazione in diritto del Lavoro conseguendone l’attestato. Nel 2012 frequenta il Master di specializzazione in diritto delle Successioni conseguendone l’attestato.

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Dicono Di Noi

Domande e Risposte

Molte domande sono ricorrenti e ci vengono poste prima di intraprendere questo percorsi complicato e difficile. Lo scopo di questa sezione ha il solo scopo di portare l'attenzione sulle principali argomentazioni ed essere approfondite nei succesivi incontri.

In virtù dell’istituto dell’affidamento condiviso la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori che assumono, di comune accordo, le decisioni di maggiore interesse per la prole relative all’istruzione, educazione, scelte religiose, salute, tenendo pur sempre conto delle capacità e inclinazioni dei figli

Il collocamento dei figli è la scelta effettuata dai genitori di comune accordo o in mancanza dal giudice sulla residenza abituale del figlio minore dopo la separazione o il divorzio. Può avvenire presso il padre o presso la madre e si tratta di un provvedimento unico che prescinde dall’eventuale affidamento condiviso. Il genitore presso il quale il figlio viene collocato assume la qualità di genitore collocatario e sarà il genitore che si occuperà prevalentemente del minore.

La suddivisione paritetica della frequentazione dei genitori separati con i figli minori comunemente detta shared custody (o joint custody), è una misura che sta prendendo sempre più piede in Italia e che appare decisamente più indicata nell’interesse dei figli minori laddove praticabile.

In sede di separazione, il giudice, in presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, può decidere di assegnare la casa familiare al coniuge collocatario della prole. Lo scopo è quello di tutelare l’interesse dei figli a vivere e crescere nell’ambiente in cui sono stati abituati a vivere.

Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Non esistono dei criteri di calcolo dell’assegno espressamente indicati dalla legge, ma i giudici di solito applicano dei criteri di massima, tenendo conto di quanto previsto dalla legge e dagli orientamenti giurisprudenziali prevalenti. Il giudice stabilisce la corresponsione di un assegno periodico che va determinato considerando:

  • le esigenze attuali del figlio
  • il tenore di vita goduto dal figlio durante la convivenza con entrambi i genitori
  • i tempi di permanenza presso ciascun genitore
  • le risorse economiche di entrambi i genitori
  • la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore
Ad esempio, la liquidazione del contributo al mantenimento dei figli potrà prevedere, in una situazione di reddito medio, una quantificazione dell’assegno di questo tipo:
  • in presenza di un solo figlio: circa il 25 per cento del reddito
  • in presenza di due figli: 40 per cento del reddito
  • in presenza di tre figli: assegno pari al 50 per cento del reddito
Si tratta, in ogni caso, di esemplificazioni.

L’assegno di mantenimento è un importo forfettizzato, stabilito in sede di separazione, la cui funzione si sostanzia nel fornire al coniuge economicamente più debole, sprovvisto di redditi propri, un sostegno. Nella maggior parte dei casi, l’assegno viene previsto a favore del coniuge che non lavora o il cui reddito è significativamente inferiore a quello dell’altro.

Il parametro del tenore di vita va interpretato in chiave più restrittiva rispetto al passato e non può, da solo, giustificare la corresponsione dell’assegno; occorre, infatti, considerare altri elementi, quali il contributo dato dall’ex coniuge, la durata del matrimonio, le potenzialità reddituali e l’età. Pertanto, la funzione dell’assegno di mantenimento non consiste nel realizzare, anche dopo la separazione, il ripristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi nel corso del rapporto, ma nell’assicurare un contributo che consenta al coniuge richiedente di raggiungere un livello reddituale adeguato.

Eventuali redditi non dichiarati, ad esempio derivanti dal lavoro in nero, concorrono alla quantificazione dell’assegno di mantenimento. Infatti, il giudice, a seguito della contestazione della parte richiedente, può disporre i dovuti approfondimenti, comprese le indagini della polizia tributaria.

L’assegno di mantenimento si rivaluta automaticamente con riferimento gli indici di svalutazione monetaria, considerando l’indice FOI, ossia l’indice di prezzi al consumo per le Famiglie di Operai e Impiegati pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. L’adeguamento avviene a partire dall’anno successivo a quello di decorrenza dell’assegno.

L’assegno di mantenimento, una volta ottenuto, non è immodificabile o irrevocabile. Infatti, a determinate condizioni, può esserne modificato l’importo (in aumento o diminuzione) oppure può essere revocato.

L'allontanamento dalla casa coniugale che avvenga prima della separazione è lecito se è in atto una grave crisi. La legge non impone di continuare la convivenza con il coniuge se la situazione matrimoniale è degenerata e non esistono possibilità di recupero.

Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di divorzio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno divorzile, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

La possibilità per il figlio maggiorenne di essere mantenuto dai propri genitori, gravita intorno all’importante concetto di “autosufficienza economica”. Il diritto al mantenimento dovrebbe pertanto essere garantito fintanto che non venga dimostrato che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica, oppure che non si sia reso ancora economicamente indipendente per colpa a lui imputabile. Una parte della Giurisprudenza ha individuato tuttavia nel limite dei 34 anni la soglia di età entro la quale lo stato di disoccupazione o non autosufficienza economica non sarebbe comunque più giustificato.

Devono qualificarsi come spese straordinarie – in quanto tali escluse dall’importo dell’assegno di mantenimento – le spese concernenti eventi sostanzialmente eccezionali nella vita del figlio minore, oppure le spese che servono per soddisfare esigenze episodiche, saltuarie ed imprevedibili (a titolo esemplificativo, le spese per interventi chirurgici, odontoiatrici, fisioterapia, cicli di psicoterapia e logopedia, occhiali da vista, lezioni private, attività sportive agonistiche, viaggi di studio) e quelle concernenti eventi ordinari non inclusi nel mantenimento (a titolo esemplificativo, le spese per tasse scolastiche ed universitarie, libri di testo, attività sportive non agonistiche con relativa attrezzatura, corsi di lingua straniera, corsi di teatro, corsi di musica, informatica, motocicli ed autovetture, viaggi di piacere, le spese sanitarie non rimborsate dal S.S.N. – a titolo esemplificativo: esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialiste).

Il genitore che non ottempera al versamento del concorso al mantenimento è passibile di azione tanto civile quanto penale. In ambito civile lo stesso può essere aggredito attraverso varie forme di pignoramento, tra le quali quella presso il datore di lavoro. In ambito penale, può essere perseguito ai sensi e per gli effetti dell’art. 570 bis con la reclusione sino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.

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